La celiachia è una patologia che oggi giorno è conosciuta dalla maggior parte dei consumatori e sono ormai moltissimi i prodotti sul mercato dedicati a questo particolare settore.
Per chi ancora non ha avuto un incontro ravvicinato con questa problematica, la celiachia è una patologia strettamente correlata all’alimentazione: l’organismo di molti consumatori, infatti, non è in grado di tollerare il glutine contenuto in diversi alimenti quali frumento, orzo, kamut®, farro e segale, la cui sua assunzione, anche in piccole dosi, causa gravi danni alla mucosa intestinale e sindrome da malassorbimento.
L’unica terapia attualmente disponibile è una dieta priva di glutine, basando la propria alimentazione su cereali che ne sono privi come il riso, il mais, la quinoa, il miglio e il grano saraceno (che non è un vero e proprio cereale, ma che come tale si può utilizzare).
Il numero di soggetti celiaci in Italia è in forte aumento: si stima che circa l'1% della popolazione sia celiaca ma, ad oggi, solo circa 100.000 persone hanno scoperto di essere affette da questa patologia; circa altre 500.000 persone sarebbero celiache, senza che sia stato loro diagnosticato; nell’arco di 4 anni il numero dei celiaci accertati è raddoppiato.
Con una certa frequenza, poi, esiste un legame tra le intolleranza al glutine e altre, per esempio al lattosio, alle uova, alla soia, generando non poche difficoltà a reperire i prodotti, per il paziente con queste intolleranze multiple.
L’origine della patologia è molto lontana: il primo accenno risale al I secolo d.C., ad opera di Aulo Cornelio Celso, medico romano, che introdusse il termine koiliakos (dal greco: “coloro che soffrono negli intestini”) per indicare chi era affetto da questi disturbi. Per avere la prima definizione della malattia celiaca come “sindrome da malassorbimento intestinale”, si dovette però aspettare fino alla fine del 1800, quando il medico britannico Samuel Gee, pubblicò il suo lavoro “The Coeliac Affection”, in cui la possibile terapia veniva per la prima volta individuata nella dieta priva di farinacei. A metà del 900, il medico olandese Willem Karel Dicke dimostrò definitivamente il ruolo del glutine quale causa della celiachia. Durante la seconda guerra mondiale, Dicke osservò un miglioramento delle condizioni dei suoi piccoli pazienti che soffrivano di diarrea cronica associata al malassorbimento intestinale quando, fra il 1944 e il 1945, ci fu il cosiddetto “inverno digiuno”. A causa del conflitto si esaurirono le scorte di farinacei, e i bambini che seguiva venivano sfamati con patate, banane, addirittura coi bulbi di tulipano. Terminata la guerra e ritornati a una normale disponibilità degli alimenti, Dicke notò il ripresentarsi dei sintomi e li correlò quindi all’assunzione di farinacei contenenti glutine.
Il 900 è stato anche il secolo di grandi selezioni agricole; alcuni studiosi pensano che l’incessante incrocio di grani per generare specie ad alta produttività, resistenti alle malattie e con spighe basse (più economiche da raccogliere) abbia portato alla produzione di un cereale che, se da un lato rende di più, dall’altro è meno tollerato dal nostro organismo, che “si ribella” attraverso allergie e intolleranze al glutine, la sua principale proteina.
Nel vasto panorama dei prodotti senza glutine, il paziente si affaccia incuriosito e talvolta demoralizzato, convinto che la sua dieta verrà stravolta da prodotti non gustosi e poco appetibili. In realtà, presto si ricrede, trovando ottimi prodotti dal punto di vista organolettico, ma gli ingredienti? La qualità nutrizionale? E ancora cosa rende questi prodotti così buoni, nonostante l’assenza di glutine?
La risposta sta nella semplice lettura dell’elenco degli ingredienti riportato in confezione (un’operazione che consigliamo da sempre, anche ai non celiaci).
Ecco cosa possono contenere i prodotti convenzionali (non biologici) senza glutine:
ADDITIVI ALIMENTARI: si tratta di coloranti, conservanti, antiossidanti, correttori di acidità, addensanti, emulsionanti, esaltatori di sapidità, stabilizzanti, e così via, senza dimenticare gli aromi.
Nei prodotti senza glutine convenzionali è frequente il ricorso agli additivi che svolgono l’importante funzione di donare consistenza e compattezza a prodotti che altrimenti non ne avrebbero, proprio perché privati del “collante” naturale che è il glutine. Solo una minima parte di queste sostanze è ammessa nei prodotti biologici; si tratta, comunque di sostanze estratte da prodotti naturali come la gomma di guar, la carragenina, la gomma di xantano.
OGM: i prodotti senza glutine sono ottenuti spesso utilizzando come ingredienti principali il mais o la soia. Si tratta delle due delle colture a maggior rischio di OGM (controllate con cura l’etichetta: è necessario indicarne la presenza quando sia superiore allo 0,9%). Nel biologico l’utilizzo di ingredienti OGM è del tutto vietato e le aziende effettuano regolarmente analisi per poter garantire che non sono entrati nel ciclo produttivo.
GRASSI IDROGENATI: il loro uso comporta un importante miglioramento nella consistenza: con l’idrogenazione si ottengono grassi che rimangono solidi a temperatura ambiente (più comodi da immagazzinare) e con caratteristiche di compattezza molto simili a quelle del burro, che rendono consistente il prodotto senza glutine. L’idrogenazione è un processo chimico attraverso il quale gli acidi grassi polinsaturi vengono parzialmente resi saturi, che nell’organismo umano aumentano il rischio cardiovascolare.
Nella produzione biologica non sono mai stati permessi; al loro posto viene dato ampio spazio a oli nobili quali l’olio extravergine di oliva o di girasole, con caratteristiche nutrizionali nemmeno paragonabili.
Varie ricerche in merito alla qualità nutrizionale dei prodotti effettuate sul mercato europeo (per esempio, lo studio della Dott.ssa Arendt, Università di Cork, Irlanda), evidenziano le seguenti caratteristiche medie dei prodotti senza glutine rispetto ai prodotti con glutine: eccessivo uso di grassi (soprattutto grassi saturi, idrogenati, trans), eccessivo apporto calorico, eccessivo uso di zuccheri semplici (saccarosio, il comune zucchero bianco), eccessivo uso di sale, carenza di alcune vitamine e alcuni sali minerali, carenza di fibre.
Al convegno internazionale sulla celiachia che si è tenuto nel marzo 2012 a Firenze, è stata messa sotto accusa la composizione squilibrata degli alimenti per celiaci, che potrebbe comportare a un aumento dell’incidenza di patologie quali obesità, diabete e disturbi cardiovascolari.
Scegliere un prodotto bio ci tutela dall’abuso di sostanze chimiche di sintesi nella nostra dieta. Leggere con attenzione l’etichetta e valutare la qualità degli ingredienti sono condizioni necessarie per un acquisto consapevole.
Ancora una volta prediligere l’acquisto di un prodotto biologico, fa la differenza.
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