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Il Mercato del Biologico tra Presente e Futuro



Intervista a Roberto Pinton, Segretario AssoBio

Il report di Ipsos dal titolo “Agroalimentare: falsi miti e nuove verità” sostiene che il trend del futuro è la creazione di prodotti di qualità che coniughino gusto e salute. Come si inserisce il biologico in questo contesto?

Ho una certa età e ho avuto modo di essere invitato a partecipare alla conferenza dell'ONU sull'agricoltura biologica del lontano 1991. Quando un collega tedesco indicò che il nostro obiettivo poteva essere il 20%, qualcuno fece un salto sulla sedia, qualcuno lo guardò quasi con compassione.

Eppure nel 2015 era biologico il 21,3% dell'intera superficie agricola dell'Austria, il 16.9% di quello della Svezia, il 16,5% di quella dell'Estonia, il 13,1% della Svizzera, il 12.8% della Lettonia, il 12% di quella dell'Italia: da noi e' biologico un milione di ettari. Per chi non e' pratico di ettari, are e centiare, equivalgono all'intera superficie agricola di Toscana, Umbria e Marche messe assieme... Al 20% non ci siamo ancora, ma ci stiamo avvicinando a gran velocità. E se diciamo che l'obiettivo va rivisto al rialzo, nessuno ci guarda più con compassione.

In vent'anni, dal censimento dell'agricoltura 1990 a quello 2010, in Italia il numero di aziende agricole convenzionali è crollato del 46%, quello delle aziende biologiche è aumentato dell'898%.

Non si tratta di aride cifre, ma della dimostrazione che siamo in una fase di grande rinascimento dell'agricoltura, con un'agricoltura biologica sempre più in crescita grazie alla sua vocazione alla qualità, alla tutela dell'ambiente e del benessere animale, alla sicurezza dei propri prodotti. Si tratta di valori che sempre più consumatori condividono, non più disposti a barattare prezzi bassi con il dissesto ambientale, coi diserbanti che contaminano le acque di falda, con animali erbivori condannati a non vedere mai l'erba, con additivi dai nomi impronunciabili nei prodotti finiti.

Se vogliamo, sta crescendo un'agricoltura finalmente umana (e in tutto il mondo, basta pensare al peso crescente del commercio equo e solidale, che col biologico va a braccetto), un'agricoltura rivolgendosi alla quale il consumatore può diventare protagonista di una grande conversione ecologica e sostenibile dell'economia.

Quanto il successo del biologico è – dal suo punto di vista – frutto della maggiore sensibilità nei confronti dell’ambiente e della maggiore attenzione alla salute o una di una “moda” passeggera? 

Second life era una moda, non la produzione e i consumi sostenibili. La ricerca della qualità, della sicurezza e di una relazione sostenibile col pianeta in cui si abita non è una moda, è una tendenza crescente che si consolida e si sviluppa.

Ed è logico che sia così:  la raccolta differenziata per i bambini di oggi non è una curiosità, ma un'ovvia abitudine. Gli stessi bambini in mensa mangiano prodotti biologici, vanno in visita alle fattorie didattiche o hanno l'orto a scuola.

Le auto ibride non sono più una singolarità, come non lo è il concetto dello sharing, dalle bici alle auto; si sviluppa il ri-uso e un atteggiamento più sobrio nei confronti dei consumi che, appunto, consumano le risorse e il mondo. No, non credo proprio si possa parlare di moda. Tant'è che anche le grandi industrie, inizialmente titubanti, hanno sviluppato o stanno sviluppando linee di prodotti biologici per rispondere a una domanda in costante crescita.

Dallo stesso report emerge che l’incidenza del bio sulla spesa degli italiani è volata dallo 0,7% del 2000 al 3,1% del giugno 2016 per un giro d’affari stimato in 4,5 miliardi. Cosa dobbiamo aspettarci per il futuro?

Al 31 marzo 2017 il biologico pesava già per il 3,4% dei consumi alimentari nella grande distribuzione (e non si possono dimenticare gli oltre 1.200 negozi specializzati, che sono stati i pionieri della diffusione non dei consumi, ma della cultura del biologico). Ma è biologica più di metà della pasta integrale che finisce sulle tavole degli italiani, quasi il 20% di legumi e cereali, il 30% delle confetture, un terzo delle bevande sostitutive del latte, il 15% delle uova, l'8% delle farine con cui in casa gli italiani fanno pane, dolci e biscotti, il 5,5% dello yogurt. I consumi sono triplicati dal 2009, il peso del biologico sull'intero consumo alimentare è raddoppiato dal 2011. Nell'ultimo anno un quarto dei prodotti alimentari lanciati sul mercato era biologico.

Sono numeri impressionanti, e possiamo aspettarci che aumentino. Anche la crisi economica ha avuto il suo peso. Qualcuno ci dava per spacciati: "I vostri prodotti sono costosi, il consumatore cerca risparmio e non avrete spazio". Invece, gli anni della crisi sono quelli in cui più intensa è stata la crescita dei consumi. Il consumatore ha ri-orientato la propria spesa, non vuole sprecare e vuole prodotti senza fronzoli, ma pieni di sostanza e di qualità vera. E che tipo di prodotti puo' dare tutto ciò più dei prodotti biologici?

Oggi molte Aziende “tradizionali” hanno inserito nella propria offerta prodotti biologici. A cosa deve prestare attenzione il consumatore nella scelta di un prodotto biologico?

Il sistema di controllo è identico a livello europeo, dalla Svezia all'Italia, dalla Francia alla Germania, si basa sullo stesso regolamento, che prevede visite ispettive (anche a sorpresa), prelievo di campioni da destinare ad analisi, verifica del "bilancio di massa" (cioè il controllo di quanta farina è entrata nel biscottificio e di quanti biscotti sono usciti). Il sistema di controllo è identico per le grandi e le piccole aziende (tutt'al più, aumenta in qualche misura il numero di ispezioni e di campioni).

Quindi basta controllare che in etichetta appaia il marchio europeo (una fogliolina verde contornata delle 12 stelle dell'Unione europea) con il codice dell'organismo di controllo autorizzato dall'autorità pubblica e il codice dell'azienda che immette i prodotto sul mercato. Chi desidera altre caratteristiche particolari (come l'idoneità a consumatori celiaci, piuttosto che vegani o intolleranti al latte, oppure desidera rivolgersi a prodotti del commercio equo e solidale) dovrà cercare lo specifico marchio o la dichiarazione in etichetta. Da "vecchio del mestiere" non posso che guardare con simpatia particolare a tutte quelle aziende, produttrici e distributrici nate con la vocazione per il biologico già 30 o 40 anni fa: non solo avevano visto giusto, ma con il lavoro  hanno saputo creare conoscenza e sensibilità, operando la svolta culturale che oggi celebriamo.